2013 | Concorso per un’area dismessa a Casinalbo di Formigine (MO)

concorso di idee relativo alla riqualificazione dell’area denominata “ex salumificio Maletti di Casinalbo” – “Una nuova centralità per Casinalbo

concorrente singolo

committente: Comune di Formigine (MO)

Veduta del salumificio "Maletti" (anni '40) riprodotta su un vassoio di una trattoria locale
Inquadramento urbanistico del progetto (in rosso gli elementi primari esistenti)

Il Cuore: problema umano della città.
(E. N. Rogers, 1951)

Distruggere ciecamente o conservare passivamente sono […] i risultati di una medesima aridità mentale: sono colpe morali.
(E. N. Rogers, 1958)

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Le ragioni del progetto
Le ragioni che sono alla base del nostro progetto nascono da due riflessioni generali. La prima fa riferimento ad un’idea di “centralità” in termini di significato e di uso nella frazione di Casinalbo oggi e nel passato. La seconda pone l’attenzione sulle ragioni e sui principi di un recupero e/o demolizione parziale o totale dello stabilimento Maletti ormai da qualche anno dismesso.
Non è vero che Casinalbo non abbia mai avuto un suo centro, un suo “Cuore”. Come ha ben scritto Alberto Venturi in “Casinalbo nel passato” (2009), sino agli anni ’70 del secolo scorso, il suo “Cuore” era rappresentato dalla via Giardini, in corrispondenza di quel piccolo incrocio con via S. Ambrogio “dominato” dal portico in mattoni della trattoria. Questo luogo ha sempre avuto, al di là delle funzioni presenti (trattoria, attività commerciali, etc.), un ruolo urbano e un valore di “loggia pubblica”, in cui tutta la comunità si è riconosciuta e quindi identificata. A pensarci bene, Casinalbo è “Un paese cresciuto in strada (la via Giardini)” (Venturi), insieme alle sue case (si veda l’esempio emblematico della Ca’ longa e la sua aula scolastica). Oggi quell’incrocio ha assunto un ruolo “funzionale” alla viabilità della via Giardini e costituisce un nodo problematico quando risulta chiuso il passaggio a livello della ferrovia Modena – Sassuolo.
La seconda riflessione nasce dal fatto che lo stabilimento Maletti ha mantenuto sino agli anni ‘50/’60 (si veda la veduta risalente agli anni ’40 circa contenuta nella tavola 1) una sua ragione d’essere ed un’unità architettonico-urbanistica oggettiva e riconoscibile, quasi “monumentale”. Dal secondo dopoguerra in poi subisce una serie di ampliamenti ed adeguamenti, per lo più incongrui anche se funzionali, che lo hanno portato allo stato attuale prima della sua dismissione dalla produzione.
Restaurare o conservare, mutamento o conservazione, sono i poli di un lungo dibattito che perdura sin dall’800 e che, spesso, si è trasformato in un luogo comune: il termine vitale-moderno viene associato con mutamento, mentre cristallizzato-museificato con conservazione. A noi sembra che vedere il problema in quest’alternativa sia troppo schematico. Il nostro atteggiamento in questo progetto condivide il punto di vista di Ignazio Gardella (“Hinterland” – giugno 1982), il quale afferma, un po’ paradossalmente, che “l’antico (o il vecchio) va conservato non in quanto è antico, ma se e in quanto è ancora nuovo, è ancora attuale, è ancora, per noi, una presenza portatrice di valori utili alla nostra società”. Il problema è, e rimane quindi operativo.
Programmaticamente il progetto cerca di ri-costruire quella “loggia pubblica”, cioè quel luogo collettivo di strada-piazza che ha sempre costituito, a nostro avviso, uno dei caratteri generali della frazione di Casinalbo, “recuperando” e “integrando” quelle parti dello stabilimento che, per noi, risultano ancora “nuove”. In altre parole, il progetto cerca, in termini positivi, di fare sue queste ragioni o modalità costruttive proponendo un’idea il più possibile urbana dell’intervento.

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