Musica e Architettura secondo Paul Valéry

Musica e architettura sono entrambe arti che non hanno bisogno di imitare le cose; sono arti in cui materia e forma hanno tra loro un rapporto molto più intimo che altrove; l’una e l’altra si rivolgono alla generale sensibilità. Entrambe ammettono la ripetizione, mezzo onnipotente; entrambe ricorrono agli effetti fisici della grandezza e dell’intensità, con cui possono stupire i sensi e la mente fino all’annichilimento. Infine, la loro rispettiva natura permette o suggerisce un’abbondanza di combinazioni e di sviluppi regolari che le collegano o le confrontano con la geometria e l’analisi. Dimenticavo l’essenziale: la composizione, – vale a dire l’unione del tutto con il particolare – si può cogliere e pretendere maggiormente nelle opere di musica e di architettura che nelle arti aventi come oggetto la riproduzione degli esseri visibili, poiché queste ultime, prendendo in prestito elementi e modelli dal mondo esterno, dal mondo delle cose già fatte e dei destini già stabiliti, producono qualche impurità, qualche allusione a questo mondo estraneo, qualche impressione equivoca e accidentale.

(Paul Valéry, Storia d’Anfione, (1928) in id., Pièces sur l’art, trad. it. Vivian Lamarque Scritti sull’arte, ed. Abscondita, Milano 2017)

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