1983. Ricordo molto bene quel mio primo viaggio a Parigi. Ero giovane ed emozionato. Stavo ancora studiando architettura e non vedevo l’ora di visitare il Beaubourg di Piano & Rogers, completato da pochi anni.
Era finalmente davanti a noi, con tutto il suo “corpo” in acciaio e vetro. Già dal primo sguardo quell’edificio, a metà strada tra un’astronave e una raffineria colorata, mi confermava che i due giovani progettisti avevano centrato l’obiettivo, alla faccia di tutta quell’Accademia italiana che parlava poco e male di questa “stranezza”.
Quell’anno il Beaubourg ospitava due mostre monografiche, una dedicata a Nam June Paik, artista di videoart e l’altra a Yves Klein, che faceva ogni sua cosa Blu. Rimasi quasi folgorato.
Il blu non ha dimensioni, è fuori dalla dimensione, mentre gli altri colori ne hanno. Ci sono degli spazi psicologici, il rosso per esempio presuppone un fuoco di irraggiamento del calore; tutti i colori portano a delle associazioni in maniera psicologica a delle idee concrete, materiali o tangibili, mentre il blu ricorda al limite il mare e il cielo, dopo tutto ciò che è più astratto nella natura tangibile e visibile. (da e a cura di Giuliano Martano, Yves Klein, il mistero ostentato, ed. Martano, Torino 1970)
Klein inventò l’IKB (International Klein Blue) con l’aiuto pratico del titolare del colorificio “Adam” di Montparnasse a Parigi, che tutt’oggi produce il Blu Klein.
Avevo un colorificio in Boulevard Quinet e ho visti artisti d’ogni genere passare dal mio negozio. Dai più convenzionali ai più estrosi. Yves Klein è stato l’unico con cui ho stabilito un’amicizia e una complicità professionale. Credo di aver avuto un ruolo chiave nell’avventura della monocromia. […] Un giorno mi chiese se potevo aiutarlo a trovare la miscela di una pittura blu luminosa, vellutata, particolarmente resistente. Aveva provato di tutto per legare il pigmento blu oltremare 1311 che comprava da me: la colla di pelle, l’olio di lino, la caseina … senza mai ottenere l’effetto desiderato. Allora mi sono lanciato in quella preparazione tutta blu, ma senza successo. […] Yves ha chiamato il colore IKB, International Klein Blu, il solito sbruffone. Detto questo, l’effetto era fantastico e la formula andava tutelata depositando il brevetto. Mi sarebbe piaciuto essere menzionato come co-inventore: senza di me, Yves non ci sarebbe arrivato. Ma lui era come tutti gli altri artisti: vengono da me in cerca di idee o di suggerimenti, poi mi dimenticano in un batter d’occhio. In questo caso però, con IKB, il prodotto era quasi il lavoro stesso, bastava spalmarlo. Ma non avevo avuto io l’idea, e ora vale milioni!
(da Teodoro Gilabert, Blu K. Storia di un artista e del suo colore, ed. Skira, Milano 2014)
Yves Klein muore il 6 giugno del 1962 all’età di appena trentaquattro anni. Sono fermamente convinto che avrebbe continuato la sua ricerca anche con un colore solo.
La mia vita dovrebbe essere come la mia sinfonia del 1949, una nota continua, liberata dall’ inizio alla fine, legata ed eterna al tempo stesso perché essa non ha né inizio né fine. (da e a cura di Giuliano Martano, Yves Klein, il mistero ostentato, ed. Martano, Torino 1970)
INTERNATIONAL KLEIN BLUE (n. brevetto 63471)
Coordinate del colore
HEX #002FA7
RGB (0; 47; 167)
CMYK (98; 84; 0; 0)
HSV (223°; 100%; 65%)
![](http://www.renatonicoliniarchitetto.it/wp-content/uploads/2022/10/IKB-191.jpg)