Il fico subentra là dove viene meno l’ulivo ed estende i confini del Mediterraneo. Il carrubo e il mandorlo accompagnano il fico lungo l’alveo del fiume fino all’altezza del primo affluente più freddo. L’arancio e il limone scompaiono subito dopo la foce, anche in rapporto al terreno: sono alberi di altri climi trapiantati qui. Le erbe vanno più in là, raggiungono le montagne, sono più resistenti – sono qui da sempre. Certi arbusti odorosi si perdono presto: la lavanda o il rosmarino. Gli oleandri, le agavi e anche la macchia legnosa più tenace, scompaiono gli uni dopo le altre, nonostante sappiano resistere al vento. Il melograno si mantiene, ma un po’ più a nord diventa acido e selvatico. La salvia perde vigore e carattere medicamentoso e cambia anche nome: diventa amaro assenzio o dolce piantina. Delle tamerici e del mirto resta solo il nome, della palma e del dattero il ricordo, del cappero e del finocchio appena un profumo. La cipolla e l’aglio, vicino al mare, hanno una composizione e un odore diversi, più in là nell’interno hanno anche altri nomi. I pomodori sulla costa sono più rossi: chi direbbe che sono stati trasportati anch’essi da un’altra riva! La ginestra (chiamata altresì ginestrella e in altri modi ancora) è devota al sud fino in fondo, attinge il suo colore giallo e il particolare profumo dalla terra più secca e, forse, dalla pietra stessa. L’alloro al sud è pieno e rigoglioso, procedendo verso il nord la sua foglia si accartoccia e si contrae. La corona d’alloro resta segno di gloria anche là dove conoscono la pianta solo attraverso la retorica.
(Predrag Matvejević, Breviario mediterraneo, ed. Garzanti, Milano 2006)
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