Per me si tratta sempre di affrontare il problema del costruire senza preoccuparmi se entro o meno nei canoni dell’architettura del nostro tempo o di tutti i tempi, cioè non penso “architettura”. La mia cultura nasce ogni volta.
L’architetto, oltreché un poeta e matematico, dev’essere anche un meccanico, ragioniere, avvocato, becero, maestro di belle maniere, ingoiatore di rospi e charmeur, danzatore con vecchia signora, incantatore di serpenti; pena la morte se rifiuta.
(Carlo Mollino, Architetture di parole. Scritti 1933-1965, ed. Boringhieri, Torino 2007)