“Avrei voluto fotografare i fantasmi dell’amore”

La mattina, quando me ne andavo dalla stanza del motel o dell’albergo dove avevamo fatto l’amore o forse no, dove forse avevamo soltanto dormito abbracciati, mi giravo e facevo una fotografia.
Non mi riusciva mai.
Avrei voluto fotografare i fantasmi dell’amore, le parole dette sottovoce, gli orgasmi, i nostri disordini, la nostra furia.
Volevo anche fotografare quanto della nostra esistenza era rimasto su quei muri miserabili, su quei tappeti schiacciati dai passi degli altri, dentro quelle lenzuola bagnate dei nostri umori.
Volevo capire, volevo imparare, volevo disperatamente sapere se c’è un modo – o se non c’è – di disegnare una stanza dove si possa trattenere l’esistenza. Tenere l’esistenza almeno per il fondo della camicia. Anche soltanto per un po’.
Ormai mi sono convinto che è quasi impossibile.
Ma forse non del tutto impossibile.

(Ettore Sottsass, testo scritto per la Sezione Fotografica della mostra Ettore Sottsass al Centro Georges Pompidou, Parigi, aprile-settembre 1994 – cap. 5, “Chambres”)

Fotogramma da "The Million Dollar Hotel", Wim Wenders, 2000

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