“Il Cary Grant dell’architettura”

Strano personaggio quel Craig Ellwood (1922-1992): architetto senza mai aver studiato architettura. Il suo vero nome era John Burke, esuberante nella vita e disciplinato allievo di Mies van der Rohe in architettura. Nella sua bella Rosen House (1961-63), Ellwood declina Palladio passando sempre dal Maestro tedesco. Il suo studio era composto esclusivamente da allievi o seguaci di Mies.

Verso la fine della sua vita su Mies avrebbe dichiarato: “Sono diventato davvero consapevole del lavoro di Mies intorno al ’55 o al ’56. Ero a conoscenza di Mies, ma non avendo mai studiato architettura non ero a conoscenza di molti architetti diversi da quelli in California che lavorano a Los Angeles. Quando ho scoperto il suo lavoro, è stata una rivelazione sorprendente per me. Il suo uso elegante e l’espressione della struttura, le sue planimetrie, i suoi dettagli, i suoi giochi di piani e spazi erano la perfezione. Era l’architetto che volevo essere e il suo lavoro avrebbe influenzato molto il mio”.

Dan Lawrence, docente dell’Art Center, descrisse così una sua giornata tipica: “si articolava nel modo seguente: arrivo a metà mattina a bordo della Ferrari; puntata fugace nella stanza dei disegnatori per controllare come andassero i progetti; ritiro nel suo ufficio privato per scrivere lettere ad amici e potenziali editori; pranzo in uno dei ristoranti esclusivi della città; ritorno in ufficio alle due e alle tre smetteva e se ne andava a giocare a tennis”.

Craig Ellwood, anni ’60 – foto di autore sconosciuto (licenza Creative Commons)

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