I muri “graffiati” del Museo al Deportato di Carpi

Oggi ti ho visto dalla finestra quando sei uscita dalla caserma, puoi immaginarti cos’ha provato il mio cuore.

(Feri, Jugoslavia – Frase incisa su un muro della sala 11 del Museo Monumento al Deportato di Carpi (MO), tratta dalle Lettere di condannati a morte della Resistenza europea selezionate da Nelo Risi – Progetto del gruppo BBPR con Lica e Albe Steiner)

Sala 8 del Museo Monumento al Deportato di Carpi (MO) – Foto di Paolo Monti, 1973 (licenza Creative Commons)

Sono passati quasi vent’anni da quella mia prima visita al Museo Monumento al Deportato di Carpi in compagnia di un amico architetto durante un’anonima e calda mattinata di luglio.
Lo scopo della visita era quello di far conoscere a me (lombardo di provenienza) questo museo, progettato dal gruppo milanese di architetti BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers) nel 1963, in collaborazione con Renato Guttuso e realizzato (l’inaugurazione avvenne nel 1973) con il restauro di alcuni spazi (allestiti da Lica e Albe Steiner) situati al piano terra di Palazzo dei Pio.
Durante il percorso, lunghi momenti di silenzio e di emozione venivano interrotti da poche annotazioni su soluzioni, particolari e materiali utilizzati.
La visita terminava nel cortile del palazzo, dove trova collocazione, a cielo aperto, l’ultima parte del Museo. Dall’altra parte del cortile c’era un cantiere di restauro. Soffermandoci su quei lavori e, in particolar modo, sulle parti ultimate, uno di noi disse che una soluzione come quella realizzata dai BBPR a Carpi, oggi, non sarebbe probabilmente più permessa dalla Sovrintendenza, perché troppo “moderna” (si pensi, soprattutto, alle stèle in calcestruzzo “a vista” posizionate nel cortile).
Oggi, ripensando a quel museo e alla sua presunta modernità, mi viene in mente quanto diceva L.B. di Belgiojoso dei BBPR: Il restauro richiede che si comprenda lo stile dell’edificio sul quale si interviene e qualora si inserisca qualcosa con forme contemporanee, si dovrebbe parlare di giustapposizione. Questo vocabolo – giustapporre – è molto appropriato, perché mentre alterazione è un termine comunque negativo, giustapporre – non so come lo definisca il vocabolario – vuole dire, alla lettera, “apporre giustamente” (da un’intervista pubblicata sulla rivista phalaris n. 10 ottobre-dicembre 1990).

Museo Monumento al Deportato politico e razziale di Carpi (MO), gruppo BBPR con Lica e Albe Steiner, 1973 - Il cortile delle stèle, 2018

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