Due risposte sensate sul teatro

  1. Aspettare, farlo in modo clandestino, non lo so. Ma il teatro su internet fa ridere. È una scemenza, una piccola volgarità. Hanno parlato di un teatro su Netflix, o qualcosa di simile: è una stupidaggine incredibile, una naïveté, un pensiero ministeriale. Se qualcuno pensa una cosa del genere, significa che il teatro non sa cos’è.
  2. Sì. È essenziale essere inattuali, proprio per queste ragioni. Ma non per essere avulsi sulla torre d’avorio: detesto l’idea sacerdotale di artista. È più semplicemente il fatto di dover usare un’altra lingua per parlare della nostra, Un’altra immagine per fare il ritratto di ciò che siamo. Entrare nella fibra di questa realtà significherebbe far parte dello spettacolo che è diventato la nostra società, come diceva Guy Debord. Il compito dell’artista non è quello di descrivere, illustrare o criticare: è quello di creare un problema, aumentare le domande e non risolverle con formule moralistiche. Fa parte della filosofia del teatro, è il suo destino. Può essere spiacevole, essere investito da problemi senza soluzione ma è una spiacevolezza che onora la tua intelligenza e la tua maturità di spettatore.

(Romeo Castellucci, da un’intervista con Iacopo Gardelli su R&D CULT, Il teatro su internet è una scemenza. L’immagine della pandemia? Il Papa in piazza, 28/12/2020 in https://www.ravennaedintorni.it/rd-cult/teatro/intervista-romeo-castellucci/?fbclid=IwAR1Jy88psFwSueLy-lLBpL4q3T1nRh1R2ty1YNTIxCWQu6HH_AFqK1tL1Qo)

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